“L’opera dal nero: la ceramica attica alle origini di Spina” è il titolo della nuova mostra inaugurata il 18 maggio al MANFE (Museo Archeologico Nazionale di Ferrara). Per la prima volta sono esposte al pubblico le più antiche importazioni di ceramica attica provenienti dalle sepolture dei fondatori del famoso emporion etrusco sull’Adriatico.
L’allestimento comprende una sessantina di esemplari di vasi di piccole e medie dimensioni, molti dei quali del tutto inediti, realizzati nella tecnica a figure nere, rinvenuti nei primi nuclei di tombe concentrati prevalentemente nei dossi litoranei più vicini all’antica città. Il percorso espositivo si articola in due diverse sale in cui i visitatori possono ammirare gli oggetti realizzati dagli artisti della tecnica a figure nere tra fine VI-metà V secolo a.C., un periodo in cui la tecnica a figure nere, che aveva caratterizzato le produzioni ateniesi del periodo arcaico, ormai al tramonto, esauriva il suo filone artistico subendo la concorrenza della nascita e della diffusione della tecnica a figure rosse.
Un particolare frammento con testa di oplita, attribuito al Pittore dell’Altalena e proveniente dagli strati più antichi dell’abitato, stabilisce convenzionalmente il termine per la fondazione della città (540 a.C.), periodo in cui venne potenziato il popolamento dell’Etruria Padana attraverso la fondazione di nuovi centri abitati lungo le vie fluviali padane e appenniniche, già utilizzate durante l’Età del Bronzo.
Le produzioni che arrivavano a Spina, epigoni di una tradizione per lo più di grande raffinatezza, sono di qualità modesta, caratterizzate da rappresentazioni corsive e standardizzate tipiche dell’ultimo periodo della produzione attica a figure nere, che venivano commercializzate nei mercati periferici. Le tipologie dei materiali ben testimoniano l’interesse di acquirenti e committenti etruschi per il vasellame da simposio, principalmente vasi potori come kylikes e skyphoi, impiegato come integrazione delle suppellettili ceramiche e metalliche di produzione etrusca; sul finire del VI secolo a.C., in progressivo aumento le forme funzionali a versare (olpai, oinochoai per il vino, hydriai e kalpides per l’acqua) a fronte di una assai sporadica presenza dei vasi per mescolare, i crateri, che diventeranno invece frequentissimi nel periodo immediatamente successivo, caratterizzato dalla presenza su larga scala delle figure rosse.
Molti sono gli artisti minori che si ritrovano a Spina, il Pittore di Gela, il Pittore della Linea Rossa e il Pittore di Atena con la sua bottega, ceramografi che ritroviamo frequentemente anche in altri mercati periferici, come la Sicilia. Un dato di grande interesse, emerso dallo studio dei materiali, è stato la presenza anche a Spina di forme prodotte da officine specializzate, appositamente create per il mercato etrusco.
Se i criteri che hanno comportato la selezione dei vasi per la mostra sono stati molto influenzati dallo stato di conservazione, si è comunque tenuto in gran conto anche la particolarità delle forme o delle decorazioni. Nello specifico, la mostra si apre con una presentazione dei capisaldi cronologici, per passare poi a percorsi tematici e iconografici, individuati a partire dalla ricorrenza di determinati temi che sono comunque tipici del periodo finale delle figure nere (guerra, miti, corteggi dionisiaci). Questi temi, ben lungi dall’essere casuali, mostrano importanti connessioni con il clima politico, sociale e culturale dell’Atene della tirannide di Pisistrato, che imprime una svolta imperialistica alla politica della città e delle prime riforme di Clistene. Un’ulteriore finestra tematica è stata aperta sulla composizione del set da banchetto del VI secolo a.C., mentre quella di introduzione alla mostra è servita ad illustrare la cronologia delle botteghe artigiane attestate a Spina.
Uno studio importante e attento è stato fatto nell’illustrazione dei contenuti per dare alle immagini la giusta rilevanza, attraverso la realizzazione di svolgimenti fotogrammetrici delle decorazioni e modellini in 3D mediante Photoscan, in moda tale da consentire il giusto rilievo alle immagini, spesso raffinatissime.
La realizzazione dell’esposizione, curata dalla Direttrice del Museo (dott.ssa Paola Desantis), ha visto coinvolti gli Archeologi del Servizio Civile (Costanza Arena, Giulia Gabanella, Giulia Mattiussi, Chiara Milanesi, Giuseppe Monte) e una neolaureata dell’Università di Bologna (Elisa Sottilotta).
Il principio ispiratore di questa mostra, visitabile fino al 5 novembre, è stato l’intento di far uscire dai depositi testimonianze meno note e certo meno eclatanti di Spina, conosciuta maggiormente per le sue straordinarie attestazioni di ceramica attica a figure rosse. Questa produzione a figure nere illustra i più antichi vettori di produzione che giunsero nella città dei fondatori e la mostra punta a gettare nuova luce su un aspetto meno sensazionale e poco conosciuto della storia della città, ma comunque di grande importanza anche per comprendere le direttrici dei commerci e i contatti culturali dell’Italia preromana, con particolare attenzione per l’evoluzione del popolamento nell’Etruria Padana.
Articolo di Giuseppe Monte