Siamo stati in Sicilia, a Castelvetrano, per seguire la presentazione delle ultime pubblicazioni di Sebastiano Tusa, Soprintendente del Mare della Regione Sicilia. “Primo Mediterraneo; meditazioni sul mare più antico della storia” e “In viaggio tra Mediterraneo e Storia”, questi i titoli dei due volumi presentati dall’archeologo siciliano, due libri che parlano del Mediterraneo come un mare segnato da una lunga tradizione di sincretismi ma anche di scontri che continuano tutt’oggi a caratterizzare quello che i romani chiamavano Mare Nostrum. Al termine dell’incontro abbiamo colto l’occasione per poter rivolgere alcune domande al professor Tusa riguardanti il ruolo e la storia del Mar Mediterraneo.
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Che ruolo può avere il Mediterraneo adesso, nel dialogo tra le potenze che si confrontano su questo mare?
Può avere un ruolo fondamentale, perché il mediterraneo è stato la culla di vari sincretismi culturali e di civiltà che sono cresciute dallo scontro e dell’incontro tra culture diverse. Inoltre il Mediterraneo è stato e deve continuare ad essere un elemento di equilibrio con l’Europa continentale. Esemplare è stata la vicenda del default della Grecia e del fallito tentativo dell’Europa di escluderla dalla Comunità Europea in cui si è capito che non può esistere un’Europa senza la Grecia, senza Pericle e senza il Partenone. Questo è un elemento di equilibrio che l’Europa e il Mediterraneo può dare per la politica estera delle grandi potenze.
Ha parlato del Mediterraneo come luogo di grandi sintesi, ma è stato indubbiamente teatro di grandi scontri; ha dunque questo mare una tradizione segnata dai conflitti?
Sì, il Mediterraneo ha questa contraddizione tra momenti di sintesi e grandi scontri epocali, come la Battaglia delle Egadi, quella di Lepanto, la Battaglia dei Convogli durante la Seconda Guerra Mondiale o la stessa pirateria. Questo però non ha impedito il collegamento tra i popoli, perché bisogna fare una distinzione tra gli equilibri politici delle potenze che portano conflitti e il contatto tra le popolazioni affacciate sul nostro mare che continua a perdurare anche durante i periodi di crisi e di guerra.
Come mai il Mediterraneo, alla luce di quanto detto, ha attratto e attrae così tanto?
Innanzitutto ha una posizione geografica fondamentale, perché è un piccolo grande mare tra continenti diversi, tra zone diverse che hanno dunque produzioni, morfologie, risorse differenti fra loro; questo ovviamente invoglia al contatto e la trasmissione, quindi c’è un connotato geografico di rilievo che rende questo mare importante. Dopodiché ci sono anche delle convergenze di carattere climatico, è un mare ai cui bordi ci sono zone quasi equatoriali e zone invece con un clima fortemente continentale, è quindi una situazione di grande stress climatico e morfologico che crea attrazione perché dà la possibilità all’uomo di vivere e di drenare risorse da ambienti diametralmente diversi.
Che contributo può dare la ricerca archeologica nel contatto tra le civiltà mediterranee?
Prima di tutto l’archeologia è storia, e la storia ti insegna a conoscere il tuo passato e quindi dalla lezione della storia migliorare il tuo futuro. L’archeologia è stata inoltre un campo in cui i ricercatori si sono uniti, il dialogo tra un archeologo italiano e un archeologo magrebino o spagnolo che sia c’è sempre stato e continuerà ad esserci. Quindi l’archeologia può aiutare a creare dei ponti invece che delle fratture.
Ultima domanda, per concludere, qual è la speranza e l’augurio che lei ha per il Mediterraneo di oggi?
L’augurio è che si riesca a tirar fuori una lezione positiva dai momenti di pace e di solidarietà e soprattutto da questo valore che è la differenza. Diceva Levi-Strauss che uno dei più importanti valori del Mediterraneo è la differenza tra le civiltà e le culture; la differenza non va vista come un limite ma come un vantaggio, come motivo di arricchimento, e siccome il Mediterraneo ha la possibilità di vedere specchiate sulle sue acque etnie diverse e religioni diverse, questa diversità è un grande beneficio.
In copertina un portolano di fine seicento di Gaspare Tentivo, capitano di pubbliche navi veneziane.
L’intervista con Sebastiano Tusa a tourismA 2016
Ascolta “Un Mare di Archeologia” su Spreaker.