In che modo la riscoperta di una villa tardoantica e dei suoi straordinari mosaici può cambiare la storia di uno scavo? Siamo andati a Capraia e Limite a chiederlo agli archeologi dell’Università di Pisa, coordinati dal Prof. Federico Cantini e dalla dott.ssa Beatrice Fatighenti. Dal 2010 conducono nella Villa dell’Oratorio un progetto ben avviato che funziona grazie all’impegno di tutti gli interessati nel sito, dagli archeologi alla comunità locale.
Non è la prima volta che vengono aperti degli scavi nella villa dell’Oratorio. Negli anni Ottanta uno scasso compiuto per impiantare un vigneto aveva già messo in luce alcuni reperti che mostravano una frequentazione tra il II e il V secolo d.C. Nell’occasione le indagini si limitarono ad una pulizia sommaria dell’area, non furono condotti in modo stratigrafico e non scoprirono i mosaici meglio conservati.
Un reperto proveniente da quella campagna, tuttavia, ha catturato l’attenzione del prof. Cantini: un’iscrizione, forse base di una statua, che nomina Vettio Agorio Pretestato (320c.-384). Fu uno dei massimi esponenti dell’élite pagana tardoimperiale, probabilmente proprietario della villa in quanto corrector Tusciae et Umbriae nel corso della sua carriera politica (la villa si trova sul percorso più breve dal porto di Pisa a Firenze) e legato ai terreni della zona da interessi economici.
Gli scavi quindi sono ripresi con lo scopo di esplorare un contesto tardoantico sicuramente appartenente ad un membro dell’intelligenzia tardoimperiale. Inoltre, tale iniziativa si inquadra in una ricerca più ampia, che studia le trasformazioni negli insediamenti nel Valdarno tra tarda antichità e alto medioevo. In tale progetto rientra, ad esempio, un altro scavo del professor Cantini, quello della pieve di San Genesio presso San Miniato.
Indagare questo sito non è facile. A parte un piccolo campo, infatti, gran parte dell’area occupata dalla villa si trova al di sotto di cortili privati, abitazioni, un magazzino abbandonato e una strada. Per forza di cose, gli scavi sono stati concentrati nella parte terminale della villa, che è situata sotto al campo. Alcuni sondaggi sono stati effettuati nei cortili privati e addirittura nel magazzino, certificando che anche in quelle aree le strutture della villa parrebbero ben conservate.
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Come nella maggior parte delle ville tardoantiche di alto rango, anche in questa la parte terminale è riservata a sale di rappresentanza dalle forme variegate e riccamente decorate. Ne è esempio un grande ambiente esagonale, qui rinvenuto, sui cui lati si aprivano 5 stanze absidate. I pavimenti di queste sono coperti da mosaici straordinari per qualità e stato di conservazione, eseguiti probabilmente da maestranze centro-italiche che ben conoscevano gli equivalenti africani. Rimangono tracce di opus sectile (copertura con lastre di pietre pregiate) alle pareti e della base di uno stibadium (un divano in muratura decorato sempre con lastre di pietre pregiate), anche se la gran parte di tutto questo è stata spoliata in antico. Altri reperti indicano che i soffitti delle sale potevano essere affrescati con figure umane, mentre quello dell’ambiente esagonale era a cassettoni.
Tubuli e suspensurae (condotti di terracotta per far passare aria calda sulle pareti e mattoncini per sopraelevare i pavimenti), trovati in alcuni mucchi di butto, indicano che alcuni ambienti erano usati come terme. Altri poco distanti erano probabilmente dei magazzini. La villa pertanto non era solo sede di otium, luogo di riposo del proprietario, ma era anche centro della gestione e dello sfruttamento economico del territorio circostante.
La villa viene costruita per la gran parte nel corso del IV secolo. Nel V secolo si verificano solo poche aggiunte o rifacimenti. Viene distrutta da un incendio nella prima metà del VI secolo, forse durante la guerra greco-gotica. Al VII secolo si datano alcuni effimeri episodi di rioccupazione, che hanno il solo risultato di spoliare gran parte degli arredi del complesso.
La scoperta dei mosaici ha parzialmente cambiato l’obiettivo dello scavo, condotto ora non più solamente per ricostruire un modello storico-archeologico per questa parte di Toscana, ma anche per valorizzare questi capolavori. La copertura di questi è stata effettuata su decisione del Professor Cantini dopo la scoperta e un primo studio per preservarli al meglio. L’università di Pisa è impegnata a 360 gradi per valutare la fattibilità di un progetto di valorizzazione del sito, in stretta collaborazione con l’amministrazione locale. Gli archeologi collaborano con il dipartimento di ingegneria per progettare e valutare i costi di una struttura protettiva appropriata e con quello di economia per valutare la sostenibilità sul lungo periodo di un sito simile. Questa è valorizzazione del patrimonio culturale come dovrebbe essere fatta: con responsabilità, senza fretta, con i risultati di ogni conoscenza utile alla mano.
Una ricerca, questa, che viene portata avanti in stretta collaborazione con la comunità e l’amministrazione comunale di Capraia e Limite. Il comune infatti sostiene gli archeologi procurando loro il vitto e parte dell’alloggio. Il sindaco, Alessandro Giunti, ha tenuto a sottolineare come abbia fatto dello scavo uno degli argomenti chiave della propria campagna elettorale e come gli uffici comunali si stiano sforzando per consentire allo scavo di espandersi nei terreni privati circostanti, non solo per quanto riguarda le ricerche, ma anche per l’auspicata valorizzazione del sito. In effetti, grazie agli straordinari mosaici trovati, questo scavo è molto sentito dalla popolazione locale, che lo ha assunto quasi come elemento identitario. Questi mosaici sono senz’altro un asso nella manica degli archeologi, in quanto il loro valore intrinseco è immediatamente percepito dal pubblico grazie all’iconicitá di tali manufatti. Ogni anno gli archeologi organizzano un evento conclusivo al termine della campagna di scavo, in cui presentano i risultati preliminari di quanto fatto. Oltre a questo, alcuni tra gli scavatori sono membri dell’Associazione Professionale Archeo&Tech che è attiva sul territorio facendo attività con le scuole.
Tirando infine le somme della nostra visita, non possiamo che dirci felici che i mosaici della villa dell’Oratorio abbiano aiutato a sviluppare un bel progetto di archeologia pubblica tra gli archeologi pisani e la comunità di Limite sull’Arno.